ANONIMO ROMANO
Cronica - Vita di Cola di Rienzo


Cap. IX - Della aspera e crudele fame ...
... Nella citate de Roma, se non fusse stata una nave de grano la quale succurze, per mare da Pisa venne , tutta Roma periva. [1338]
Cap. XVI - Della Galea sorrenata e derobata in piaia romana.
Currevano anni Domini MCCC..., dello mede de ..., a die ..., quanno sorrenao una galea de mercatantia in piaia romana, fra Puorto e Ostia, in lo Tevere. La novella fu per questa via. Mercatanti dello renno venivano da ponente e aveano caricata in Marzilia e in Avignone una galea de panni franceschi. Lo legna era dell reina Iuvanna. Lo patrone, li comiti e lli marinari erano d'Ischia. La mercantia era de Napoletani e Ischiani. Movese la galea e forte leva in aito le vele allo viento. Passa Marzilia, passa Monaco, passa lo mare de Genova. Puoi ne passa a Pisa. Puoi ne veo a Piommino. Puoi ne veo a Civitavecchia. Passata che abbe la piaia de Civitavecchia, volevano entrare in casa. Allora se mosse una pestilenzia de viento. Lo mare bussava senza misericordia. Li vienti erano tanto contrarii, che maiesterio de marinari perdiva onne rascione. La notte era forza mesa. La oscuritate orribile. mai non vedesti si pena de inferno. Nullo remedio era, salvo che de tornare allo puorto de Civitavecchia. Forte e duro pareva alli marinari e alle vivate tornare in reto e tanta via perdire. Se a Civitavecchia tornavano, ponevano la nave in salvo. Fu deliverato de tenere mesa via, de canzare in piaia romana e fuire lo pericolo, recuveranno nello Tevere de Roma. Così fu fatto. Voitano li marinari suoi artificii e ignegni. daco la voita per entrare la foce de Tevere. A quanto pericolo passao in quella entrata ! Ora ne veo la galea per lo fiume, credennose essere salvi, puoi che l'ira dello mare non li appoteva, puoi che la foce era passata. Ma non giò così. Quanno lo legno fu in mieso dello canale dello Tevere, nello luoco che iace fra Uostia e Puorto, lo legno staieva, non se moveva. La iace uno malo passo.L'acqua hao la poco de fonno. Caddero la in quello malo passo dove ene poca de acqua. Non tennero lo pieno canale. Li usati marinari de Genova e de Cecilia quello passo schifano. Allora descesero marinari alquanti per sapere la cascione della demoranza della nave e viddero che llo legno toccava terra; e non valeva aiutare con pali ne premere con vraccia. Anche lo fiume tempestate avea. Lo legno s'era sorrenato nella rena. L'onna buttava e moveva lo legno da lato in lato. Pareva che llo volessi revoitare sottosopra. Allora la tristezze delli marinari e dello patrone fu granne. Piango le vivate. Ciascheuno crede morire. Allora se fece die. Lo die succurze con soa chiarezza. Lo romore fu sentito allo castiello de Puorto e ad Ostia. Vennero sannolari de Puorto e portaro quelle vivate per denari in terra. Salvaro lo patrone, li marinari e lle vivate con loro robba. La mercatantia remase nello legno. Era nello castiello de Puorto uno nobile romano: Martino de Puorto avea nome. Quello Martino abbe suoi fattori e fece tutta quella galea sgommorare e trarne la mercatantia de panni e de speziarie; li quali panne se venneo e non ne voize rennere cobelle alli perdienti. Anche più che 'nanti sostenne de essere scommunicato, che de volere rendere l'altruio. Assenava una sua proverbia antica: "Chi pericola in mare pericoli in terra". Per la qual cosa e per alcuno aitro excesso Martino de Puorto fu appeso per la canna, como se dicerao. In quella galea venne la moneta e lli riennita de Provenza, la quale veniva alla reina Iuvanna de soa contrada. In quella venne panni de valore de vinti milia fiorini. In quella venne vivate de Provenzani, uomini e femine, li quali ne ivano a Napoli. In quella veniva sacca de pepe e de cennamo e de cannella. In quella venne uno feriero de Santo Ianni: avea nome frate Monreale, provenzano de Narba, cavalieri a speroni d'aoro, moito iovinetto. Arrivao con fortuna in piaia romana e perdio la in quello pericolo onne sio arnese, fi' alla scarzella delli fiorini. Sola la perzona campao. Lo quale entrao in terra romana moito de tenerissima etate, e fu omo de masnata e deventao virtuosissimo capitanio e fecese omo de granne fatto e de granne valore e fu capo della Granne Compagnia. A l'uitimo li fu tagliata la testa in Roma, come se dicerao. [1346]
Cap. XVIII - Delli granni fatti li quali fece Cola de Rienzi, lo quale fu tribuno de Roma augusto.
... [Cola di Rienzo] Puoi disse: "Della moneta non dubitete, ca la Camorra de Roma hao moite riennite inestimabile ... Item de sale ciento milia fiorini. Anche li puorti de Roma e lle rocche de Roma ciento milia fiorini" [1346] ... Puoi fece leiere una carta nella quale erano li ordinamenti dello buono stato ... Questi fuoro alquanti suoi capitoli: ... Lo sesto, che nelli paludi e nelli staini romani e nelle piaie romane de mare sia mantenuto continuamente un legno per guardia delli mercatanti. Settimo, che li denari, li quali viengo dello focatico e della sale e delli puorti e delli passaii e delle connannazioni, se fossi necessario, se despennano allo buono stato [1347]... [A Cola di Rienzo] fu rassenato in Maretima lo forte e opulente castiello de Cere ... e Puorto canto il Tevere [1347] ...
Cap. XXVI - Come lo senatore fu allapidato da Romani ...
... Ià erano infamati, che grano mannavano per mare fora de Roma ... Era questo Francesco omo desperato. Avea odio insanabile a prelati, recordannose che ià fu male trattato dallo legato antico, missore Bettrannio dello poietto, cardinale de Uostia ... [1353]